8 agosto 2013

Capitalismo Kamikaze




L'ossessione per il lavoro è perfettamente in linea con lo spirito dello stesso neoliberismo, che nei suoi ultimi giorni si sta rivelando per ciò che è sempre stato realmente : una forma di governo capitalista che di continuo antepone le considerazioni politiche a quelle economiche. 
Come risultato si è avuto un trionfo ideologico e una catastrofe economica. Il neoliberismo è stato il movimento che è riuscito a convincere tutti al mondo che la crescita economica era l'unica cosa importante, anche se, sotto la sua egida, i tassi di crescita globali sono collassati, sprofondando a circa 1/3 di ciò che erano stati sotto forme di capitalismo precedenti, guidate dallo Stato e orientate al Welfare sociale. 
Il neoliberismo è stato il sistema che è riuscito a convincere tutti al mondo che le élite finanziarie erano le uniche in grado di gestire e misurare il valore di qualsiasi cosa, anche se poi per farlo quelle élite finivano per promuovere una cultura economica così irresponsabile che l'intera architettura finanziaria dell'economia globale è crollata..ancora una volta non si è trattato di un incidente; rientra tutto in un disegno coerente.
Ogni qualvolta c'è da scegliere tra il fine politico di smobilitare dei movimenti sociali, o di convincere il pubblico che non c'è alternativa possibile a quest'ordine capitalista, e il far funzionare un sistema capitalista "percorribile", il neoliberismo sceglie sempre la prima alternativa.
Quasi tutte le sue asserzioni sono menzogne.
La precarietà non è un modo efficace di organizzare il lavoro. E' un modo veramente efficace per smobilitare il lavoro. La stessa cosa è vera per il tempo di lavoro costantemente in crescita : a livello economico, è se non altro controproducente ; a livello politico, non c'è modo migliore di assicurarsi che le persone non siano politicamente attive, o consapevoli, che quello di metterle a lavorare, o a fare i pendolari, o prepararsi per il lavoro in ogni momento della giornata. Sacrificare così tanto delle proprie ore di veglia agli idoli della produttività garantisce che nessuno abbia accesso a prospettive dal di fuori, che renderebbero le persone capaci di notare, per esempio, che organizzare la vita in questo modo alla fine riduce la produttività.
Il risultato di questa ossessione neoliberista di sradicare prospettive alternative, fin dal collasso finanziario del 2008, è che siamo nella bizzarra situazione in cui è chiaro a tutti che il capitalismo non funziona, ma è quasi impossibile immaginare qualcos'altro.

La guerra contro l'immaginazione è l'unica che i capitalisti sono davvero riusciti a vincere.

Ha un senso specifico dunque che la prima reazione alla crisi non sia stata una risposta economica concreta come per esempio una corsa verso il "capitalismo ecologico" - che la maggior parte degli attivisti, me compreso, aveva predetto - ma piuttosto una reazione politica.
Questo è il vero significato dei tagli alle spese.
Ogni economista competente conosce le conseguenze che i tagli possono avere durante una recessione, sa che è una ricetta per il disastro. Le élite finanziarie, avendo dimostrato al mondo di essere sommamente incompetenti nell'attività in cui avevano detto di essere i migliori - la misurazione del valore - hanno risposto alleandosi con i politici in un violento attacco a qualunque cosa potesse anche solo sembrare in grado di fornire un modo alternativo di pensare al valore, dal welfare pubblico alla contemplazione dell'arte o della filosofia. Al momento il capitalismo non sta nemmeno pensando ad una prospettiva a lungo termine.
Disturba sapere che si sta affrontando un nemico suicida, ma almeno ci aiuta a capire ciò per cui combattiamo. 
Al momento : per tutto
E' probabile che i capitalisti si risolleveranno nel tempo, metteranno insieme i cervelli, smetteranno di litigare e cominceranno a fare quello che fanno sempre : iniziare a rubare le idee più utili dai movimenti sociali schierati contro di loro (mutuo soccorso, decentralizzazione, sostenibilità) così da ridurli a qualcosa di sfruttabile e di orribile. Sul lungo termine, se ci sarà un lungo termine, è quasi inevitabile. Nel frattempo stiamo fronteggiando un capitalismo kamikaze - un sistema che non esiterà ad autodistruggersi se ciò sarà necessario per sconfiggere i propri nemici.
Come si puo' sconfiggere il "complotto" produttivista ?
Potrebbe aiutarci iniziare a constatare che siamo tutti operai nella misura in cui siamo creativi, e resistiamo al lavoro, e rifiutiamo di rivestire il ruolo di amministratori - ovvero di coloro che cercano di ridurre ogni aspetto della vita ad un valore calcolabile. Ciò significa comprendere la vera natura della macchina del lavoro globale, la relazione reale tra quei domini della vita artificiosamente separati tra "economia", "politica", "ecologia".
La relazione tra petrolio e soldi costituisce effettivamente un caso rivelatore.
Com'è possibile che siamo arrivati a trattare il denaro, che non è altro che una relazione sociale, e perciò dilatabile all'infinito, come se fosse una risorsa limitata come il petrolio ("dobbiamo tagliare i servizi sociali perché non abbiamo i soldi"), e il petrolio, che è in effetti una risorsa limitata, come se fossero soldi _ come se si trattasse di qualcosa che si può impiegare liberamente per generare attività economiche in crescita continua, incessantemente, come se non dovesse finire mai? Le due forme di follia sono chiaramente correlate.
In realtà una moneta è solo una promessa, e l'unico limite reale alla quantità di soldi che produciamo è quante promesse vogliamo fare gli uni agli altri, e di quale genere.
Con le disposizioni attuali, ovviamente, ci sono limiti artificiali di diverso genere : da parte di chi è legalmente autorizzato a produrre queste promesse (le banche), o determinare il peso comparativo dei diversi tipi di promesse (in teoria il "mercato", nella realtà sistemi di assestamento finanziario burocratizzati). E' questo tipo di organizzazione che ci permette di fingere che i soldi siano una sorta di sostanza fisica, che i debiti non siano semplicemente promesse (il che varrebbe a dire che la promessa del governo di pagare gli investitori ad un certo tasso di interesse non ha uno standard morale più elevato che, per esempio, la loro promessa di permettere ai lavoratori di andare in pensione ad una certa età, o di non distruggere il pianeta), ma qualche sorta di imperativo morale categorico.
Eppure è proprio questa tirannia del debito -a tutti i livelli- che diventa l'imperativo morale che fa estrarre il petrolio dalla terra e ci convince che l'unica soluzione a qualsiasi crisi morale è di convertire ancora un'altra porzione di vita umana libera in lavoro.

David Graeber